Giornata mondiale contro l’Aids, i passi avanti della ricerca per contrastare la malattia

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Giornata mondiale contro l’Aids, i passi avanti della ricerca per contrastare la malattia

Giornata mondiale contro l’Aids - i passi avanti della ricerca per contrastare la malattia

L’1 dicembre si celebra la Giornata mondiale per la lotta contro l’Aids, la malattia provocata dal virus dell’Hiv che negli anni ha causato moltissime vittime. I primi casi della malattia risalgono al 1981, ben 40 anni fa. In quell’anno, infatti, la letteratura scientifica ha iniziato a registrare diversi pazienti, prevalentemente giovani adulti sessualmente attivi, che morivano a causa di strane polmoniti.

I positivi oggi

Attualmente, nel mondo, ci sono oltre 37 milioni di persone positive all’Hiv e nel 2020 si sono registrate 1,5 milioni di nuove diagnosi, la maggior parte delle quali riguardavano giovani tra i 15 e i 24 anni. I morti, invece, sono stati 700 mila. C’è da dire, comunque, che se una persona affetta da Hiv prende i farmaci regolarmente non trasmette il virus. Dal 1981 ad oggi, infatti, la Ricerca non ha mai smesso di studiare dei farmaci che potessero contrastare il virus.

I progressi farmacologici sull’Aids

A fare il punto sulla ricerca farmacologica contro il virus è stata la Sif, Società italiana di farmacologia.

Innanzitutto, occorre precisare che non esiste ancora un vaccino che possa proteggere da questo virus, ma la Medicina ha fatto sicuramente dei passi avanti in quanto la malattia può essere cronicizzata.

L’ospedale San Raffaele di Milano è stato uno dei centri che ha fatto più sperimentazioni in Italia e nel mondo. La prima terapia efficace è stata scoperta nel 1996 e consisteva nell’assunzione di tre farmaci inibitori della proteasi che è l’enzima usato dal virus per replicarsi.

Oggi, però, grazie al progresso della Medicina, basta prendere una sola pillola al giorno. Certo, questa terapia farmacologica controlla la carica virale ma non elimina definitamente l’Hiv dall’organismo; inoltre, è una terapia che dura tutta la vita e che con l’avanzare dell’età può avere degli effetti collaterali. La soluzione più efficace per il controllo del virus è sicuramente un vaccino che, però, ad oggi è ancora un’enorme sfida.  Infatti, per sviluppare il vaccino occorre trovare tutti gli antigeni che compongono l’Hiv (circa una decina) per isolarli e studiarli, oltre che individuare le caratteristiche del vettore con cui costruire il vaccino.

Le azioni preventive e l’importanza della sensibilizzazione

La Medicina offre la possibilità ai soggetti Hiv negativi di sottoporsi alla PreEP (profilassi pre esposizione) una tecnica innovativa che consiste nell’assunzione di farmaci antiretrovirali per ridurre il rischio di infezione che vanno assunti ogni giorno in quanto aumentano l’efficacia. Questi farmaci non hanno effetto sulle altre malattie sessualmente trasmissibili ed è consigliato sempre consultare il medico prima e durante l’assunzione.

Come si evince da quanto detto fino ad ora, la scienza ha fatto grandi progressi ma la non consapevolezza di tutto genera nella società delle situazioni spiacevoli come l’esclusione dei soggetti affetti da Hiv da gruppi sociali o da relazioni affettive.

L’infettivologo Adriano Lazzarin, docente dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano in occasione della Giornata Mondiale per la lotta all’Aids ha sottolineato in un’intervista pubblicata su Repubblica.it l’importanza di sensibilizzare la gente sul fatto che i soggetti sieropositivi che seguono la terapia, e ad oggi sono la maggior parte, non trasmettono più l’infezione, nemmeno se hanno dei rapporti sessuali non protetti:

Oggi l’HIV è molto meno trasmissibile perché quasi tutti quelli che hanno il virus si curano e quindi non possono trasmettere l’infezione agli altri. Il problema della trasmissione del virus oggi rimane solo per chi, non sapendo di averlo, non si cura. È importante farsi il test ogni tanto per vedere se si è positivi o negativi: – ha concluso Lazzarin – è la scarsa propensione delle persone a sottoporsi al test che, almeno nei Paesi occidentali, impedisce di arrivare a intercettare e curare tutti i sieropositivi“.

È ovvio, infine, diffondere tra i giovani quante più informazioni possibili su questa malattia e sui rischi che ne seguono, ad esempio con progetti di educazione sessuale nelle scuole, al fine di favorire un’azione preventiva.